



Le battaglie culturali del Maestro Salonia: salvaguardare il cantiere del mastro d’Ascia di Acitrezza, e le barche in legno Fatti non foste a viver come bruti.
Ho incontrato l’ultimo mastro d’ascia, mutilato e perso lungo la riviera dei ciclopi.
Quei massi a mare scagliati dall’ira del gigante, accecato da colui che voleva varcare le colonne d’Ercole.
E quella pescheria fornita per coprire lo scoglio e la storia, brutta e abbandonata;
occultata alla vista, forse per sempre quell’antica barca di legno, dipinta da un ignoto e geniale artista.
C’è tutta la poesia dell’abbandono ad Aci Trezza, c’è tutto il tormento e la gioia, l’orgoglio dei ricordi più belli, quando il bisnonno del vecchio Rodolico con il suo magico attrezzo modellava e scolpiva il legno del leccio, del gelso e della quercia, per sfidare le onde e incontrarsi con i toni, gli sparaghi, la spada e la sardina, con le triglie rosse per il pranzo quotidiano, offerto generosamente ad amici e parenti, consumato prima di essere venduto, quel pesce di giornata che puoi ancora gustare ostinatamente presso la Casa del Nespolo, quella stessa frittura di pesce, che ho gustato in un terrazzino su un tavolo da biliardo in legno, di fronte al mare, e sull’isola nascosta insieme ai rocchi degli scogli a mare.
E quel bambino, che alla mia domanda: “Sei il nipote di Rodolico?”, Segnalato: “Sono un suo amico!”.
C’è tanta poesia, e tanta amarezza ad Aci Trezza, ma tanta speranza.
Il mito si ripete.
C’è sempre qualcuno che vuole accecare i nostri occhi per oscurare il bello e il buono, e di gran lunga esplodere in una nuvola di caligine nei tesori creati dal genio “dell’homo sapiens”.
Così lasciato il sipario sulla storia.



